Furto in classe

Il 4 maggio 2017 entrammo in classe tranquilli e beati, come sempre. Le prime due ore passarono veloci come un fiume in piena, ma durante l’intervallo quella tranquillità iniziale svanì. Non si trovava l’Ipad della maestra Teresa, che era indispensabile per la nostra lezione di teatro perché nessuno di noi ricordava i movimenti della recita. I filmati dei primi due atti che avevamo registrato durante le prove erano stati salvati sul dispositivo svanito.

Tutti eravamo in panico e in pochi secondi la classe fu messa a soqquadro, come se l’avesse attraversata una mandria di bufali. Lo cercammo ovunque: in classe, in palestra, nel corridoio e nelle altre classi, ma nulla da fare, non si trovava. A quel punto cominciammo a prendere in considerazione un’ipotesi che avevamo escluso fin dall’inizio: il furto. Decidemmo di non chiamare subito la polizia e di iniziare le indagini noi stessi. Io fui incaricata di condurre le indagini e scelsi Melinda come aiutante.

Interrogammo tutti quelli che potevano avere un movente e un’occasione per compiere il crimine: le maestre, gli alunni e chiunque fosse entrato all’interno della struttura. I nostri sospetti caddero sui bidelli, perché potevano entrare in classe quando volevano con la scusa di lavare i pavimenti e non avevano un alibi. Tuttavia non riuscivamo a rispondere ad alcune domande:
– Perché mai un bidello avrebbe dovuto far sparire i nostri filmati?
L’altra domanda era:
Perché rubare un dispositivo personalizzato?
L’ultimo dei nostri quesiti aveva un fondamento perché le nostre bidelle hanno dei figli che potevano aver bisogno di un ‘Ipad e procurarselo a costo zero sarebbe stato un affare, dato che costa quasi quanto lo stipendio di un bidello.

Continuammo con gli interrogatori, ma il colpevole non si trovava. Restava solo una cosa da esaminare per capire cos’era successo realmente quella mattina del 4 maggio: la telecamera del sistema di sicurezza. Io e la mia aiutante ci recammo subito in Presidenza per chiedere l’autorizzazione per vedere i filmati e la Preside acconsentì.

Visionammo i filmati con attenzione, fotogramma dopo fotogramma. A metà del video vedemmo un ragazzo con un passamontagna scuro e vestito di nero, che ad un certo punto coprì l’obiettivo con una cartolina; ci aveva giocato lo scherzetto che fanno sempre i ladri quando vengono a farci visita. Ma una cosa buona era accaduta, aveva dimenticato la cartolina in sala insegnanti e questo mi fece pensare ad una sola cosa: le impronte digitali.

 – Vieni con me Melinda, spicciati ! – gridai. Sentivo che ero ormai vicina alla soluzione del caso.

Chiesi un guanto alla bidella che, stranamente, mi negò e ciò fece ricadere tutti i miei sospetti su di lei.  Il ragazzo ripreso dalla telecamera non sembrava molto alto, ma era solo un effetto ottico in quanto un soggetto ripreso dall’alto risulta schiacciato e quindi con un’altezza non reale. A quel punto mi mancava una prova importante: il costume e il passamontagna. Pensai che la bidella non poteva allontanarsi dalla scuola senza chiedere il permesso alla maestra, quindi non  aveva potuto sbarazzarsi del costume. Rovistai nel secchio della spazzatura e, come pensavo, erano lì.

Portai immediatamente la bidella in sala interrogatorio e  dovetti farlo trascinandola. I suoi tentativi di difesa furono deboli e alla fine confessò: era stata lei durante la nostra lezione all’aperto. Segnalai il furto e il colpevole alla Preside che la licenziò.

 Valentina

By |2018-10-28T09:37:55+00:00maggio 18th, 2015|5. CLASSE QUINTA, 6. ITALIANO, CICLO 2010/2015|1 Comment

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  1. Jasmin 1 giugno 2015 at 9:19 - Reply

    È molto bello il testo è anche interessante mi piace molto

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